Premio Nobel per la pace a Malala, così un proiettile cambiò il suo destino
È
stato un proiettile a cambiare il suo destino. Trasformando una
bambina di 11 anni che aveva affidato alla Bbc il suo diario in urdu
nel quale raccontava la vita sotto i Talebani nella Valle di Swat, in
un'attivista per i diritti umani e per il diritto all'istruzione in
primo luogo, riconosciuta sulla scena internazionale tanto da aver
ricevuto il premio Sakharov lo scorso anno e il Nobel per la Pace
quest'anno, che lei ha detto più volte di «non meritare, non avendo
fatto ancora abbastanza».
La
storia di Malala Yousafzai, la sedicenne pakistana che due anni fa ha
rischiato di morire per difendere il diritto dell'istruzione delle
bambine nel suo Paese, subì una drastica svolta il 9 ottobre del
2012, quando la studentessa, allora quindicenne, venne ferita al
collo e alla testa da un miliziano dei Talebani mentre tornava da
scuola su un bus.
Il mezzo fu fermato, il miliziano salì sul bus e domandò: «Chi è Malala?». Nessuno rispose, ma gli sguardi si concentrarono su quella bambina che, da anni, raccontava come una fatwa impedisse alle bambine e alle ragazze di studiare. Insieme a lei furono ferite due sue compagne di scuola, Sacia Ramzan e Kainar Riaz, in modo meno grave.
Le condizioni di Malala, invece, furono subito giudicate serie. Trasferita in un primo momento all'ospedale di Peshawar, capoluogo della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, con un elicottero inviato dall'allora premier Raja Pervez Ashraf, l'equipe medica consigliò di trasferirla in un ospedale all'estero «per salvarla». Venne scelto l'ospedale Queen Elizabeth di Birmingham, in Gran Bretagna, dove ha subito una delicata ricostruzione del cranio e dal quale venne dimessa solo l'8 febbraio dello scorso anno.
Nel marzo successivo è potuta tornare a scuola, la Edgbaston High School di Birmingham. Da allora il suo impegno a favore dell'istruzione femminile ha subito un'accelerazione. Ha scritto un libro, le sue memorie intitolate "I'm Malala", uscite in occasione del primo anniversario dell'attentato contro di lei. Storico il suo discorso alle Nazioni Unite nel 2013, dove in occasione del suo compleanno, il 12 luglio, ha rivolto un messaggio ai Talebani, che «pensavano di zittirmi con una pallottola, ma non ci sono riusciti».
E un appello al mondo: «Un bambino, un insegnante e un libro possono cambiare il mondo. Impugniamo i nostri libri e le nostre penne, che sono loro le nostre armi più potenti - ha aggiunto, parlando ad alcune centinaia di studenti presenti all'Assemblea - Il 9 ottobre mi hanno sparato al lato sinistro della testa e pensavano che le pallottole potessero zittirmi. Ma non ci sono riusciti».
Il mezzo fu fermato, il miliziano salì sul bus e domandò: «Chi è Malala?». Nessuno rispose, ma gli sguardi si concentrarono su quella bambina che, da anni, raccontava come una fatwa impedisse alle bambine e alle ragazze di studiare. Insieme a lei furono ferite due sue compagne di scuola, Sacia Ramzan e Kainar Riaz, in modo meno grave.
Le condizioni di Malala, invece, furono subito giudicate serie. Trasferita in un primo momento all'ospedale di Peshawar, capoluogo della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, con un elicottero inviato dall'allora premier Raja Pervez Ashraf, l'equipe medica consigliò di trasferirla in un ospedale all'estero «per salvarla». Venne scelto l'ospedale Queen Elizabeth di Birmingham, in Gran Bretagna, dove ha subito una delicata ricostruzione del cranio e dal quale venne dimessa solo l'8 febbraio dello scorso anno.
Nel marzo successivo è potuta tornare a scuola, la Edgbaston High School di Birmingham. Da allora il suo impegno a favore dell'istruzione femminile ha subito un'accelerazione. Ha scritto un libro, le sue memorie intitolate "I'm Malala", uscite in occasione del primo anniversario dell'attentato contro di lei. Storico il suo discorso alle Nazioni Unite nel 2013, dove in occasione del suo compleanno, il 12 luglio, ha rivolto un messaggio ai Talebani, che «pensavano di zittirmi con una pallottola, ma non ci sono riusciti».
E un appello al mondo: «Un bambino, un insegnante e un libro possono cambiare il mondo. Impugniamo i nostri libri e le nostre penne, che sono loro le nostre armi più potenti - ha aggiunto, parlando ad alcune centinaia di studenti presenti all'Assemblea - Il 9 ottobre mi hanno sparato al lato sinistro della testa e pensavano che le pallottole potessero zittirmi. Ma non ci sono riusciti».
Malala
ha inoltre istituito un Fondo a suo nome destinato a sostenere
l'istruzione femminile in Pakistan. Tra le donazioni illustri, quella
di duecentomila dollari della star hollywoodiana Angelina Jolie, che
ha permesso alla studentessa pakistana di annunciare la costruzione
di una nuova scuola per 40 ragazze nel suo Paese.
I
Talebani, nel frattempo, negano che Malala fosse nel mirino per il
suo attivismo a favore dell'istruzione femminile. Continuandola a
considerare un obiettivo da eliminare, come ribadito più volte, i
miliziani parlano di lei come di «una spia dell'Occidente». «Quella
ragazza era solita fare propaganda contro i muhajeddin per diffamare
i Talebani», sostengono gli ex studenti coranici.
«Il
Corano afferma che chi fa propaganda contro l'Islam e le forze
islamiche sarà ucciso. L'abbiamo attaccata perché parlava contro i
Talebani mentre stava in compagnia di stranieri senza vergogna, e
perché idealizzava il più grande nemico dell'Islam, Barack Obama»,
dicono.
«Non
l'abbiamo aggredita perché levava la sua voce a favore
dell'istruzione - proseguono -. L'abbiamo presa di mira perché si
opponeva ai mujaheddin e al loro jihad. La Sharia dice che persino un
bambino può essere soppresso, se fa propaganda contro l'Islam».
tratto
da Il Messaggero del Venerdì
10 Ottobre 2014
Malala all'Onu: "Parlo per chi non ha voce, i talebani non mi ridurranno al silenzio"
La 16enne pakistana, ferita dagli estremisti perché difende il diritto all'istruzione delle donne della sua terra, ha parlato nel Palazzo di Vetro: "Non uccideranno mai i miei sogni
"Oggi
non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che combattono per
i propri diritti. I talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non
uccideranno i miei sogni".
A testa alta, coperta da uno scialle di Benazir Bhutto e con la voce
ferma di chi, ad appena 16 anni, ha già la consapevolezza di essere
il simbolo di chi vuole difendere i propri diritti, Malala Yousafzai,
la giovane attivista pakistana, ferita lo scorso anno alla testa dai
talebani, ha parlato dal Palazzo di Vetro.
"Sono
qui e oggi parlo per tutti coloro che non possono far sentire la
propria voce - ha proseguito - pensavano che quel proiettile ci
avrebbe fatto tacere per sempre, ma hanno fallito", ha detto,
lanciando un vibrante appello "all'istruzione per tutti i
bambini".
Le sue parole sono state accompagnate dall'ovazione dell'assemblea:
"Ecco
la frase che i talebani non avrebbero mai voluto sentire: buon
16esimo compleanno Malala",
ha detto l'ex premier britannico Gordon Brown, oggi inviato delle
Nazioni Unite per l'educazione.
Con lo scialle di Benazir Bhutto. "È un onore per me parlare di nuovo dopo tanto tempo, essere qui con tanta gente onorevole e indossare questo scialle di Benazir Bhutto. Non so da dove cominciare - ha esordito la ragazza -, non so cosa le persone si aspettino che io dica. Prima di tutto grazie a Dio, per cui noi siamo tutti uguali, grazie a tutti quelli che hanno pregato per me, all'amore che la gente che ha dimostrato. Ho ricevuto cartoline e regali da tutto il mondo. Grazie ai bambini i cui mondi innocenti mi hanno incoraggiata. Vorrei ringraziare le infermiere, i medici del Pakistan e del Regno Unito, il governo che mi ha aiutato". Poi un messaggio all'Onu: "Sostengo pienamente Ban Ki-moon nella sua azione per l'istruzione" e "ringrazio tutti per la leadership che offrono e l'ispirazione che ci danno".
La paura dei talebani per i libri e per le donne. Ferita perché ha difeso il diritto allo studio delle donne del suo Paese, Malala ha accusato i talebani di temere la forza dell'istruzione, ma soprattutto quella delle donne: "Capiamo l'importanza della luce quando vediamo l'oscurità, della voce quando veniamo messi a tacere. Allo stesso modo nel Pakistan abbiamo capito l'importanza di penne e libri quando abbiamo visto le pistole - ha detto la 16enne pakistana -. La penna - ha proseguito - è più forte della spada. È vero che gli estremisti hanno e avevano paura di libri e penne. Il potere dell'istruzione fa loro paura. E hanno paura delle donne: il potere della voce delle donne li spaventa. Per questo hanno ucciso 14 studenti innocenti, per questo hanno ucciso le insegnanti, per questo attaccano le scuole tutti i giorni. Gli estremisti hanno paura del cambiamento, dell'uguaglianza all'interno della nostra società". Poi ha aggiunto: "Oggi siamo noi donne ad agire da sole, non chiediamo agli uomini di agire per noi come è accaduto in passato. Non sto dicendo agli uomini di non parlare a favore dei nostri diritti, ma mi concentro perché la donna sia autonoma e lotti per se stessa".
Stanchi delle guerre. "La pace è necessaria a fini dell'istruzione, il terrorismo e i conflitti impediscono di andare a scuola. Noi siamo stanchi di queste guerre", ha affermato la16enne.
L'appello ai leader "Più tutele per i bambini". "Chiediamo ai leader di tutto il mondo di cambiare le politiche strategiche a favore di pace e prosperità, che tutti gli accordi tutelano i diritti di donne e bambini. Chiediamo a tutti i governi di assicurare l'istruzione obbligatoria e gratuita in tutto il mondo a ogni bambino, di lottare contro il terrorismo e la violenza, ai Paesi sviluppati di sostenere i diritti all'istruzione per le bambine nei Paesi in via sviluppo. Chiediamo a tutte le comunità di respingere i pregiudizi basati su caste, sette, religione, colore, genere...Chiediamo ai leader di tutto il mondo di assicurare la sicurezza di donne, perché non possiamo avere successo se metà di noi subisce torti. E chiediamo a tutte le sorelle di essere coraggiose, comprendendo il loro pieno potenziale e agendo".
La petizione. Nella mani di Malala una petizione, firmata da quasi 4 milioni di persone, a sostegno di 57 milioni di bambini che non vanno a scuola e che chiedono ai leader del mondo fondi per nuovi insegnati, aule e libri. La petizione chiede anche l'immediato stop allo sfruttamento di bambini nei luoghi di lavoro, stop ai matrimoni e al traffico di minori.
Unesco e Save the Children: "50 mln di bambini senza scuola". In un rapporto pubblicato proprio oggi, in occasione del Malala Day, da Unesco e Save the Children, si legge che nel mondo circa 50 milioni di bambini, dai 5 ai 15 anni, non vanno a scuola perché colpiti dagli scontri o arruolati nei corpi armati. Nel 2012, sono stati 3.600 gli attacchi di vario tipo per impedire ai bambini l'accesso all'educazione, tra i quali si contano violenze, bombardamenti di scuole, reclutamento dei minori in gruppi armati, torture e intimidazioni contro bambini e insegnanti sfociate in morti o ferimenti gravi. Inoltre, prosegue il rapporto, "resta scandalosamente bassa la quota di fondi destinati all'educazione nelle emergenze umanitarie, passando addirittura dal 2% del totale dei fondi umanitari in emergenza del 2011 all'1,4% del 2012, dunque ben al di sotto del 4% richiesto dalla comunità internazionale nel 2010".
tratto da La Repubblica.it del 12 luglio 2013.
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